sabato 7 novembre 2009

Oilproject: nuovo palinsesto


So che non mantengo le promesse (almeno non tutte visto che sul layout del blog un po' ci ho lavorato).
Credo comunque sia doveroso, nochè un vero piacere, segnalare il nuvo palinsesto di Oliproject dedicato all'Innovazione.
Come si legge sul sito "il senso del percorso è far percepire come il paradigma dell'Innovazione sia unitario, multidisciplinare e trasversale"
Programma denso con relatori di elevato spessore.
Inutile nascondere che spero di riuscire a seguire quanto più possibile di questo nuovo palinsesto.
Rinnovo i miei complimenti allo staff di Oilproject, che sta seguendo un percorso decisamente in ascesa.
Spero nessuno si offenda se il mio "ottimo lavoro" è rivolto in particolare a Madero.

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lunedì 7 settembre 2009

Wikipedia freedom

L'idea era quella di rientrare dalla ferie e riprendere in mano questo blog, con i soliti buoni propositi post vacanzieri, tra cui ad esempio modificare il layout - che forse farò - ma soprattutto dargli dei contenuti - che provo a cominciare a fare.

Wikipedia, il più famoso collettore di contenuti online, l'enciclopedia libera, mi è parso dunque argomento pertinente per cominciare.
Mi rendono facile la cosa il chiacchericcio odierno sulle diverse ragioni di un fallimento e i miei studi (vabbè!) sugli UGC di questi ultimi tempi.
Senza pretese di compiutezza cerco di riassumere brevemente, limitandomi ai contenuti e non affrontando altro genere di argomentazioni pure a me care (diritto d'autore, diffamazione ...)
Wikipedia, 'cultura veloce', (wiki vuol dire veloce in hawaiano, pedia in greco significa cultura), nasce dall'idea di creare un'enciclopedia multilingue online e collaborativa, non regolata da nessun comitato di redazione centrale: le sue voci sono scritte spontaneamente da centinaia di migliaia di volontari non pagati, che si organizzano autonomamente stabilendo da soli le regole interne e lo svolgimento degli argomenti nelle voci (cit.)
Wikipedia, the free enciclopedia that anyone can edit!
Su Wikipedia, infatti, ognuno può non solo creare una voce, ma anche correggere quella che ritiene inesatta, anche se questo potrebbe instaurare un circolo vizioso di correzioni su correzioni ... e non solo. Come dimostra ad esempio l'esperimento fatto da L'espresso qualche anno fa (Chi ha paura di Wikipedia, di Alessandro Giglioli, gennaio 2006).
Insomma, nessuno potrà essere sicuro che la voce da lui cercata (e trovata) riporti verità assolute: nessuna voce può considerarsi scevra dall'essere influenzata dal background di chi la scrive (bisognerebbe comunque ammettere che questo avviene a prescindere dall'autorevolezza che si può attribuire all'autore della voce, e a questo si potrebbe obbiettare che l'approccio a un contenuto professionale è più consapevole anche sotto questo profilo).
Questo succedeva fino a ieri!

Da un po' di tempo si è cominciato a parlare di un rallentamento nella crescita del progetto, inizialmente ipertrofica, attribuito ad un maggior rigore e minore anarchia nella pubblicazione dei contributi, che se da un lato ha comportato un risultato più "elevato" in termini di contenuti, dall'altro ha limitato notevolmente il numero dei 'contribuenti' ... e inevitabilmente dei contributi.
Ultimamente, poi, sono stati introdotti nuovi correttivi, alcuni dei quali saranno operativi dal prossimo autunno.
Mi riferisco al wiki trust, per evidenziare con colori l'attendibilità dei contributi aggiuntivi, che dovrebbe aiutare a distinguere la parti di testo stable da quelle unstable.
E mi riferisco soprattutto alle flagged revision (che sarebbero dovute partire per la versione inglese, ma per ora pare che solo quella tedesca le abbia adottate): un numero di esperti che controllano le correzioni che potranno realmente essere inserite, entrando a far parte della voce di Wikipedia.
Il tutto per rendere più attendibili i contenuti in quanto a veiridicità ed evitare spiacevoli vandalismi (che si sono manifestati, non nascondiamocelo) nei confronti di qualcuno.
Anche se c'è chi sostiene che questo già avvenga, pur senza che queste pratiche siano pubbliche.

Conclusione del riassunto: c'è chi parla(va) di disfatta di Wikipedia in quanto ad attendibilità; c'è chi - come Eco - si schiera a favore di "centri di monitoraggio di internet"; c'è chi sostiene che Wikepedia si sia trasformata da movimento ad istituzione, e per questo parla del fallimento di Wikipedia come di un tradimento classista, che allontana il progetto da quegli standard di libertà assoluta di espressione e di pensiero che lo avrebbero da sempre caratterizzato.
Considerando il mio attuale approccio critico al partecipative web non so ancora che posizione adottare, ma se la prima visuale non mi è mai appartenuta, la seconda come prospettiva mi spaventa sotto molti punti di vista, non posso nascondere che neanche la terza posizione mi convince granchè ...

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lunedì 15 giugno 2009

ECL 2009 - CI VEDIAMO A PESCARA

EXPLORING CYBERSPACE LAW

Tornerò prima o poi a postare cose che non siano esclusivamente comunicazioni di eventi, è una promessa (o una minaccia!)
Adesso è importante segnalarvi questa iniziativa in corso a Pescara a favore degli studenti abruzzesi per la connettività della "Casa dello Studente"
Qui la locandina dell'evento, qui il programma della conferenza.
Ci vediamo a Pescara!

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domenica 19 aprile 2009

PUGLIA: CREATIVITA' IN MOVIMENTO

Uno dei motivi di latitanza ... anche se non cerco giustificazioni.

Il prossimo 23 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Proprietà Intellettuale (26 aprile 2009) e nell'ambito delle manifestazioni legate alla Settimana della Cultura (18-26 aprile), assieme ad altri due amici abbiamo organizzato a Bari una giornata di approfondimento sulla Proprietà Intellettuale.

Il convegno, intitolato "Puglia: creatività in movimento. Tutela delle risorse intellettuali e sviluppo. Idee a confronto", si terrà presso la Fiera del Levante - Sala Convegni Regione Puglia dalle ore 10 alle ore 18 e vedrà coinvolti tutti i soggetti interessati allo sviluppo e alla tutela della creatività e della cultura in Puglia.

Le tematiche affrontate saranno le seguenti:

  • Immagine Puglia. Territorio, società, creatività: l'offerta culturale;
  • La tutela dei beni culturali. Cineteche, videoteche, mediateche;
  • L'esperienza dei cineporti;
  • Editoria e web-tv;
  • La legislazione per la cultura e lo spettacolo: dalla tutela delle opere artistiche alla promozione dei soggetti artisti;
  • Distribuzione e circolazione delle opere: vecchi e nuovi canali. La rete;
  • La Siae e i nuovi tipi di licenza, le licenze libere e gli aventi diritto.

La partecipazione è libera, con iscrizione obbligatoria fino ad esaurimento posti.

Per conoscere il programma della giornata e l'elenco dei relatori nonché per iscriversi al convegno, vi invito a consultare il neonato sito di Pugliacreativa.

Vi aspetto.


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venerdì 27 marzo 2009

I PIRATI CALANO SU ROMA

Purtroppo io non ci sarò, ma per chi è nei paraggi consiglio vivamente un passaggio.
L'evento si sovolgerà dalla mattina fino a sera inoltrata.
dalle ore 10:00
LA FESTA DEI PIRATI APRE AL PUBBLICO: STRUMENTI BASE

1) Frank Knight e Andrea Tavi: Mini corso di p2p per principianti; 2) Francesco Tupone (Linux Club Italia): Nodi fisici nella rete

PIRATI O PIONIERI? LE COMUNITA' DEL P2P IN ITALIA E NEL MONDO
  • Introduce: Luciano Umarino - LOOP; Modera: Athos Gualazzi - presidente Associazione Partito Pirata
2) Luigi Di Liberto (Scambio Etico): La comunità italiana p2p TNT Village; 3) Silvestro "Pino" Di Pietro (TNT Village): I motivi per cui la gente si "sbatte" per condividere in rete; 4) Luca Neri: Un vascello corsaro fatto di carta stampata; 5) Giovanni Battista Gallus e Francesco Paolo Micozzi: Pirati a Bergamo; 6) Magnus Eriksson e Johan Allgoth (Piratbyran - The Pirate Bay): rOMG

IGNORANTI O DIABOLICI? I POLITICI ALL'ASSALTO DELLE RETI
  • Introduce: Gianluca Peciola - Provincia di Roma; Modera: Arturo Di Corinto - presidente Free Hardware Foundation
7) Guido Scorza: Censura d'autore; 8) Marco Scialdone: Moderatamente estremisti: politica, internet e pirateria; 9) Carlo Blengino: La sconfitta dei pirati veri: il caso Peppermint e le sue conseguenze; 10) Alessandro Bottoni: Oltre Internet: reti segrete e reti invisibili; 11) Paolo Brini: Telecoms Package: le direttive europee mettono a rischio internet; 12) Erik Josefsson: The Patent Bay: The Pirate Bay peers vs. the DRM Patentees; 13) Gennaro Francione: Anticopyright

e poi ...

ARTE PIRATA: UN GRAN FINALE DI CREATIVITA' CORSARA

Buon divertimento, pirati!

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venerdì 13 marzo 2009

Il legislatore: DDL C 2195 - intervista per Periodico Italiano

Riporto integralmente l'intervista che ho rilasciato per Periodico Italiano in merito al Disegno di legge dell'Onorevole Gabriella Carlucci C 2195, "Internet territorio della libertà, dei diritti e dei doveri".

1) quali sono i punti deboli della proposta DDL dell’onorevole Carlucci?

“Internet territorio della libertà, dei diritti e dei doveri”.

Un titolo altisonante per un disegno di legge di 4 articoli che nelle intenzioni dichiarate dall’Onorevole Carlucci prende le mosse dall’esigenza di contrastare un tema molto avvertito da ogni singolo cittadino, sia esso cittadino digitale o più semplicemente cittadino della società civile: la pedopornografia.

Una felice intuizione, dunque, quella di porre alla base di un disegno di legge siffatto una motivazione che certamente scuote tutti. Un tema non solo sentito, ma al quale ognuno di noi vorrebbe porre rimedio nel modo migliore possibile.

Peccato che, a parte ogni considerazione sui contenuti, tutto il disegno di legge si basa interamente su un presupposto debole, non ricollegabile all’oggetto da cui prende le mosse, e che, di conseguenza, inficia tutto il resto della proposta: “la totale anarchia di internet”. (Relazione Introduttiva al Ddl, quarto capoverso)

So di ripetere quanto già detto da altri affermando che è fin dalle prime battute di questa sorta di messa in scena (ogni riferimento a persone ed azioni non è del tutto casuale) che si denota la mancanza di conoscenza della rete … e non solo!

Sono anni ormai che gli operatori del settore, con questo intendendo non solo i giuristi ma anche gli stessi fruitori della rete, specie dopo l’avvento del Web 2.0, hanno preso coscienza che una regolamentazione della rete, sia pure perfettibile, già esiste.

Internet ha posto alla collettività quesiti nuovi (ma non solo nuovi) risolvibili a volte con regole vecchie, chiedendo alle stesse di “modellarsi” sulle nuove esigenze. Altre volte ha posto quesiti nuovi meno immediatamente e mediatamente risolvibili, che non c’è dubbio richiedano un intervento diverso, anche da parte del nostro legislatore.

Sorrido alla parola legislatore.

E’ probabile che chi ha fatto i miei studi (ma non solo) almeno una volta si sia immaginato “il Legislatore” come un omone enorme, con una toga con pelliccia di quelle che ogni tanto si vedono nei film, con una bilancia alle spalle ed un martello sulla scrivania …

Gabriella Carlucci il legislatore … (per quanto pare che non sia lei ad aver partorito il DDL)

L’errore di fondo di ciò che sta emergendo dalle diverse proposte di regolamentazione della rete internet, tra cui si inserisce il DDL C 2195, risiede nella (quasi) totale non conoscenza del mezzo e nella (quasi) totale non conoscenza delle regole, delle leggi e delle disposizioni già esistenti. O, peggio ancora, nella strumentalizzazione e interpretazione opportunistica che si opera delle stesse.

Emblematico, nel DDL di cui discutiamo, è il riferimento ai diritti fondamentali della persona. Che per carità, in una proposta di legge che prende le mosse dalla tutela dei minori da un crimine orribile come quello della pedopornografia ha certo la sua ragion d’essere.

Un po’ meno comprensibile è invece il riferimento ai “diritti fondamentali delle imprese” contenuto nella relazione introduttiva, posto che le imprese abbiamo “diritti fondamentali” (sì, magari la tutela della concorrenza, ma cosa centrebbe con la pedopornografia?).

2) A suo avviso da questa proposta di legge la rete ne uscirebbe arricchita di nuovo valore?

Sembrerebbe una domanda semplice, a cui sarebbe sufficiente una risposta secca.

La risposta? NO!

L’innovazione è l’unica cosa in grado di dare nuovo valore alla rete.

Forse mi ripeto, ma oggi “innovare” per me significa implementare. E con “implementazione” si deve intendere l’innovazione delle fasi intermedie di un processo, tenendo fermi punti cardine fondamentali.

Questo, ovviamente, vale anche per la legge. In questo caso il “cardine” è e deve essere costituito dai diritti fondamentali, quelli fissati nella nostra Carta Costituzionale. Tutti quelli fissati nella Costituzione, che andrebbero letti in combinato fra loro per una efficace, efficiente e vera tutela di tutti valori ad ampio spettro … così come sono stati concepiti dalla Costituente.

3) che importanza ha il diritto d’autore in internet?

Più che sull’importanza del diritto d’autore in internet sarebbe opportuno affrontare un discorso sull’importanza del diritto d’autore nella società contemporanea, ma il discorso diventerebbe troppo esteso.

La domanda, per quanto ampia, è ben posta. Quantomeno per l’enfasi sul diritto d’autore.

Il diritto d’autore in quanto tale ha un’importanza che non viene messa in discussione pressoché da nessuno, neanche in Internet, quantomeno per quanto riguarda il diritto ad essere riconosciuti autori dell’opera e gli altri diritti c.d. morali ad esso collegati.

Non lo stesso per i diritti patrimoniali.

Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, si discute dell’importanza del copyright, intendendo con questo i diritti di utilizzazione economica delle opere dell’ingegno, i cosiddetti diritti esclusivi attinenti alla sfera dell’autonomia privata che sono nella disponibilità degli aventi diritto.

Al contrario dei diritti morali, quantomeno nel nostro ordinamento, i diritti d’autore patrimoniali sono trasferibili … e “rinunciabili”.

Rinunciabili … Tale “rinunciabilità” ha dato luogo, ad esempio, alla nascita di movimenti “anti-copyright”, che credono nella libera e gratuita diffusione dell’arte, negando l’importanza e la valenza del copyright. Indirizzo che può sembrare utopistico, ma che ha i suoi sostenitori.

Tornando all’importanza del diritto d’autore, è innegabile che tali movimenti (anche più moderati rispetto all’anti-copyright, come quelli che sostengono i nuovi tipi di licenza, le licenze c.d. libere) prendano forma a partire dall’analisi della diversità del momento storico che ha determinato la nascita del copyright. E internet è certamente causa, una delle cause, di queste riflessioni.

Le nuove tecnologie hanno messo in crisi i vecchi sistemi di creazione e di distribuzione delle opere dell’ingegno, con la nascita di due modelli di opere, impensabili ai tempi della compilazione delle prime leggi sul Diritto d’Autore: le opere digitalizzate, cioè quelle opere nate su supporti classici e “tradotte” su supporti digitali, e le opere digitali vere e proprie.

E ancora, le nuove tecnologie, assieme ad internet che le attraversa, hanno causato alcune cesure fondamentali al modello classico basato sulla distribuzione punto – massa, in cui la distribuzione delle opere, dalla loro nascita, dipendeva da un unico soggetto, o da diversi soggetti cui spettava singolarmente la realizzazione (non dell’opera, che era ed è sempre dell’autore, ma della sua “forma d’espressione” qualora questa prevedesse particolari accorgimenti tecnici. Si pensi a un vinile - art. 1 l. 633/41), la duplicazione e la messa in circolazione dell’opera dell’ingegno.

L’opera può infatti oggi essere riprodotta infinitamente, in ogni tempo e in ogni luogo … da chiunque e in modo pressoché perfetto a costi decisamente inferiori rispetto al passato!

Un enorme vantaggio per gli autori, che potenzialmente possono fare a meno di ogni genere di intermediario.

Perciò, più che importanza del diritto d’autore in internet, io parlerei di importanza di internet per il diritto d’autore.

4) viene tutelato con questo disegno di legge?

La parte del Ddl che si occupa esplicitamente del diritto d’autore è il comma IV dell’articolo due.

Nella disposizione sistematica di una legge un comma di un articolo lo si potrebbe intendere come un lemma di un teorema, rappresentato appunto dall’articolo, che però, al contrario di quello che avviene in matematica, viene posto come fatto successivo nell’esposizione del teorema stesso.

Posto che proprio l’articolo due, a detta stessa dell’autrice (o dell’autore?) della proposta, costituisce il principio cardine del provvedimento (Relazione introduttiva al Ddl), ritengo che venga ancora una volta dimostrata non solo la scarsa conoscenza delle dinamiche di internet e delle sue regole tecniche, ma anche la scarsa conoscenza della legge stessa a cui si fa riferimento.

Come si potrebbe combinare il comma uno dell’articolo: “E’ fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima” con il comma IV, che apparentemente nulla aggiunge di diverso alle disposizioni già esistenti recitando: “In relazione alle violazioni concernenti norme a tutela del diritto d’autore, dei diritti connessi e dei sistemi ad accesso condizionato si applicano, senza alcuna eccezione le norme previste dalla Legge 633/41 e successive modificazioni”?

A parte tutte le considerazioni ed obbiezioni di natura tecnica che si potrebbero opporre, su cui autorevoli voci come quella di Daniele Minotti, Stefano Quintarelli, Guido Scorza hanno già avuto modo di esprimersi, e a parte anche l’inutilità in particolare del comma IV di questa disposizione, come la mettiamo, ad esempio, con l’articolo 21 l. 633/41 che riconosce il diritto all’anonimato, e che rientrando tra i diritti morali dell’autore è un diritto della personalità, tutelato quindi come diritto fondamentale della persona?

L’opera anonima non è una violazione per la l. 633/41. Anzi, la legge 633/41 si preoccupa di tutelare anche l’autore dell’opera anonima!

Per cui, anche volendo, non rientra nell’inutile previsione del comma IV.

Però l’opera anonima viola il disposto del comma uno dell’art. 2 DDL C 2195 che “introduce il principio cardine del provvedimento”: la lotta alla pubblicazione in forma anonima e clandestina di qualsivoglia contenuto (Relazione Introduttiva)

Senza volerci spingere a considerare (ulteriori) violazioni dei diritti fondamentali che questa proposta di legge potrebbe comportare, così come concepita implica quasi sicuramente la negazione di due fondamentali e legittime conquiste che l’autore di qualsiasi opera deve alle nuove tecnologie: il diritto all’anonimato sull’opera digitale e/o la gestione individuale delle sue opere

5) cosa manca completamente in questo disegno di legge dell’on. Carlucci che invece andrebbe considerato?

Cosa manca in un disegno di legge inutile?

6) crede che si potrà arrivare davvero a un controllo della rete che sia rispettosa del diritto di esprimere la propria opinione ?

Il diritto di esprimere la propria opinione è una delle libertà fondamentali, riconosciuto e tutelato dal nostro ordinamento come interesse di rango superiore rispetto a quelli tutelati dalla legge. (art. 21 Cost.)

Anni di storia, di lotte sociali, hanno portato a conquiste impensabili ai tempi degli scontri.

La libertà di stampa non è sempre stata tale, anzi. E non stiamo parlando di mille anni fa, ma di meno di un secolo fa.

La c.d. stampa clandestina è stata contrastata dalla legge (in senso lato) in ogni modo, portando a conflitti anche molto violenti, di cui la nostra società porta ancora non solo il ricordo indelebile, ma anche i segni.

La parola “controllo”che lei usa in questa sua ultima domanda stride troppo con la libertà fondamento del diritto di esprimere la propria opinione.

Spero di non essere tra i pochi (idealisti?) che credono nello sviluppo, nell’innovazione, nelle persone … e nella rete.

E’ sicuramente auspicabile una maggiore consapevolezza del legislatore anche sulle problematiche “più pratiche” rilevate dalle nuove tecnologie…

I corsi di formazione alla Camera e al Senato sono sicuramente un buon punto di partenza.

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domenica 1 marzo 2009

Scuola Forense Barese - as promised

Con colpevole ritardo, ecco le slide della lezione del 19 febbraio tenuta nella Biblioteca del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bari, Palazzo di Giustizia.

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martedì 17 febbraio 2009

Dekalogs

Chi mi conosce non penserebbe mai ad un "messaggio religioso" leggendo il titolo di questo mio post.
Tuttalpiù crederebbe che sto per parlare di Krzysztof Kieślowski.

Ma state tranquilli!
Che poi, se avessi voluto parlarvi di Kieślowski avrei scelto sicuramente la trilogia, non il decalogo, che, parliamoci chiaro ...
Chissà cosa ne penserebbe la mia amica Francesca! (eh, di Kieślowski lascerei volentieri parlare lei, invitando anche voi ad ascoltarla).

E visto che non è di Kieślowski che vi parlo va da se che si tratta proprio di un "messaggio religioso" quello del titolo di questo mio post ... forse.

E' che c'è qualcosa che ha focalizzato la mia attenzione nel corso nel mio zapping telematicomultimediale, nel passaggio da un DDL all'altro, da un emendamento all'altro, tra "sicurezza" (leggasi censura) e diffusione telematica delle opere dell'ingegno (leggasi lotta alla pirateria, mah!) ...
E mi è tornata in mente la campagna pro ateismo della UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti), che avrebbe dovuto circolare in Italia dal 4 febbraio. "Bloccata", perché contraria agli art. 10 e (Convinzioni morali, civili e religiose dei cittadini e dignità della persona) e l'art. 46 (Appelli al pubblico) del Codice dell'Autodisciplina Pubblicitaria, che insieme statuiscono che i messaggi pubblicitari non devono ledere gli interessi di alcuno.
E così, mentre in altri paesi, come in Inghilterra, circolano circa 800 autobus "atei" autofinanziati, e circa 1000 manifesti laici sono stati esposti nelle Metropolitane, tutti recanti il messaggio "There's probably no God. Now stop worring and enjoy your life", prontamente copiato da un'inziativa Catalana ... in Italia abbiamo il Vaticano!
Per cui la UAAR, che non ha rinunciato alla sua campagna, ha ottenuto l'ok dalla Igp Decaux, la concessionaria della pubblicità per la campagna sugli autobus di Genova, per lo slogan "La buona notizia e’ che in Italia ci sono milioni di atei. L’ottima e’ che credono nella liberta’ di espressione".

Il fatto è che, se anche non di Kieślowski, la lingua di questo post dovrebbe essere il polacco, il tema è (anche) la religione cattolica, e non voglio parlarvi Karol Józef Wojtyła.

Ma io il polacco non lo conosco!
Ho capito che "MUZIKA" vuol dire "musica" solo perchè il percorso era cliccabile. E cliccandoci sopra compariva una linea orizzontale a coprire la parola ... e d'improvviso silenzio.

Non si può certo dire che la Polonia non sia una nazione religiosa, ma ...

... sul sito della nuova agenzia pubblicitaria di Varsavia Bed&Breakfast compare, in presentazione flash, la sua campagna di lancio.

"Non vogliamo offendere nessuno, ci siamo limitati a voler suscitare un dibattito nel settore. Non abbiamo chiesto l'opinione degli inserzionisti perchè abbiamo agito in buona fede, nella speranza dei loro alti valori culturali" Così i fondatori dell'agenzia.

Certo è che, dopo un primo decalogo come questo,




in cui a "Non avrai altro Dio all'infuori di me" corrisponde il logo Apple, alla Pampers spetta "Onora il padre e la madre", "Non uccidere" corrisponde alla Volvo, "Non rubare" a Gerda, un famoso produttore di serrature, "Non dire falsa testimonianza" a Gazeta Wyborcza, il più importante quotidiano polacco, Playboy si è assicurato "Non desiderare la donna d'altri" ...
... e l'undicesimo comandamento, "Crea i tuoi comandamenti", attribuito, ovviamente, alla stessa Bed&Breackfast ...
Dicevo, dopo un primo Decalogo siffatto, qualche polemica s'è sollevata.
Già, perchè l'agenzia ha usato, senza autorizzazione, marchi d'impresa in una campagna pubblicitaria, e la legge polacca sulla proprietà industriale prevede espressamente, nella parte che si occupa dei diritti sui marchi, il diritto esclusivo di utilizzazione del marchio, specificando per uso anche quello a fini pubblicitari!
E la Bed&Breackfast, un paio di giorni fa, ha modificato il suo decalogo!
Il nuovo "dio" è diventato google (!!!), mentre la compagnia di assicurazione PZU (che ha chiesto la rimozione del suo marchio dall'associazione a "non nominare il nome di dio invano"), è stata prontamente sostituita da viagra.
E mentre società come Volvo, che ha basato la sua ultima campagna pubblicitaria sulla sicurezza sulle strade, ha riconosciuto nella pur controversa campagna un vantaggio (pubblicitario) per se stessa, dando la sua autorizzazione, e Gazeta s'è comportata allo stesso modo, altre marche e loghi sono stati modificati.
E all'undicesimo comandamento, "Crea i tuoi comandamenti", compare l'avviso "questo posto è in attesa della vostra marca"!

E la religione?
Ho cancellato almeno tre volte il finale di questo post, pensando ad alta voce a chi potrebbe cercare di accaparrarsi il posto vacante ...


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lunedì 9 febbraio 2009

Oilproject - nuovo ciclo di lezioni

"Oilproject è una scuola gratuita di informatica che organizza lezioni tenute da volontari che condividono le loro conoscenze
con gli altri utenti, senza alcun fine al di fuori di quello della divulgazione libera dell'informazione.
L'obiettivo è quello di contribuire alla diffusione della cultura informatica tra i giovani, facilitando la formazione nella fase
iniziale di avvicinamento alla materia con lezioni gratuite vocali tenute da appositi tutors.
Si ritiene che anche nell'apprendimento di materie come quelle informatiche sia molto piu' stimolante e piacevole
imparare in gruppo, con un tutor che chiarisca i dubbi e un compagno di classe che ci aiuti a rafforzare le nostre
conoscenze e ci racconti la sua esperienza.
Ed è con questo spirito che ogni sera decine e decine di utenti accedono alle lezioni, si scambiano conoscenze e consigli,
scherzano e ridono ed a volte vengono richiamati all'ordine se troppo esuberanti."

Sono stata tutor per questo progetto per ben due stagioni.
Per questo nuovo ciclo la scuola ha organizzato sei lezioni tenute da esperti, imprenditori o professionisti del mondo di Internet, dell'innovazione e della tecnologia.

Ecco il link al comunicato stampa del 6 febbraio:
http://www.oilproject.org/press/oilproject06022009.pdf

Mentre a questo link trovate il palinsesto di tutte le lezioni:
http://www.oilproject.org/events.php

Per quanto mi riguarda cercherò di seguirle tutte.
Bravi ragazzi, continuate così!

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sabato 31 gennaio 2009

Mush-up e remix come forme d'arte - RomaEuropa FakeFactory

Qualche giorno fa ho accennato alla risposta ufficiale ricevuta dagli organizzatori del concorso Roma Europa Web Factory in merito iniziativa "Freedom for remix" lanciata dall'amico Marco Scialdone assieme ad Oriana Persico, DegradArte ed altri.
Il RomaEuropa di cui si parla è un concorso d'arte che non contempla mush-up e remix al punto di vietare la partecipazione di opere realizzate con tali tecniche, ma che acquisisce sulle opere presentate tutti i diritti ... compreso quello di remixarle e farne mush-up!
Bene, l'iniziativa di risposta alla risposta è quantomai pertinente: un concorso organizzato da Salvatore Iaconesi, Oriana Persico e Marco Scialdone e appoggiato in poco tempo da moltissime associazioni.
Un fake contest in cui mush-up e remix sono la regola: le opere presentate dovranno contenere un minimo di rielaborazione di opere presistenti, ovviamente le cui licenze di distribuzione lo permettano.
Le categorie di opere possibili sono le tre già previste dal concorso targato Fondazione RomaEuropa-Telecom, 100cuts - VideoArt, 100samples - Musica, 100quotes - Letteratura, cui si aggiunge una nuova categoria, la LawArt, che riguarda la creazione di testi giuridici sul diritto d'autore.
Giovedì mattina è andata in onda la puntata di Codice Binario, trasmissione radiofonica condotta da Massimo Melica, dedicata al fake contest (podcast scaricabili da qui).
Nel suo blog Marco si augura che prima o poi i due contest convoglino in un unico concorso, e io mi associo.
Per ora, chissà, magari provo a concorrere nella quarta categoria ...

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venerdì 30 gennaio 2009

smau business 09 Bari - as promised

Come avevo promesso, ecco le slide del breve speech sui nomi di dominio che ho tenuto ieri pomeriggio alla Fiera del Levante di Bari, in occasione di smau business 2009.

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venerdì 16 gennaio 2009

Eleanor Rigby


Eh no, stavolta non è bionda.
Almeno non lo è nella interpretazione che Mary Ann Farley ne da nel suo dipinto.
Poi chissà!
Quel che è certo è che raccoglieva il riso in una chiesa, dopo un matrimonio, e che la melodia della sua solitudine è nota a una moltitudine.
Se la solitudine può essere intesa anche come un rapporto privilegiato con se stessi, come una scelta consapevole, quella di Eleanor, che muore sola, ad un funerale a cui nessuno va ...
Può darsi anche che a lei ora non importi d'essere conosciuta e celebrata universalmente attraverso la musica che i Beatles le hanno dedicato nel 1966 (una Eleanor Rigby è esistita davvero, ed è sepolta nel cimitero della chiesa di St. Peter, a Liverpool, dove John Lennon e Paul McCarteny si conobbero).
Nè di essere il brano più conosciuto di Revolver, l'album dei Beatles che la rivista Rolling Stone ha messo al terzo posto nella classifica dei più grandi album rock di tutti i tempi.

Chissà Eleanor, se sapesse tutto questo, cosa penserebbe della decisione presa dal governo britannico un mese fa (e che dovrebbe essere discussa ed approvata in questi giorni) di estendere la durata del copyright sulle registrazioni fonografiche da 50 a 70 anni. Lei, che nel 2016 sarebbe caduta in pubblico dominio e la cui solitudine avrebbe potuto passare per ogni radio, essere oggetto di mushup e remix, senza problemi ... e farla sentire meno sola!

Il copyright è "la linfa vitale dell'economia creativa" che "stimola gli investimenti nel talento musicale" e "incoraggia l'innovazione"!!!! (Geoff Taylor, BPI). E Andy Burnham, segretario alla Cultura del Governo Britannico e portavoce dell'iniziativa "ma c'è un'ulteriore ragione morale: non vedere la propria opera associata ad una causa o a ad un marchio con cui non si è a proprio agio".
Non è difficile intuire chi ci guadagnerà davvero da tutto questo ... e chi (e cosa) ci perderà!

Mi viene in mente, fra l'altro, la risposta ufficiale ricevuta da Romaeuropa Web Factory in merito all'iniziativa lanciata dall'amico Marco Scialdone assieme a DegradArte poco prima di Natale: modificare l'art. 8 del regolamento del concorso che non ammetteva fra le opere attività di mashup e remix, non considerando che la maggior parte delle forme d'arte oggetto del concorso usino prevalentemente tali tecniche.
E nella risposta si legge, sostanzialmente: "Sarebbe troppo difficile analizzare quali opere siano in regola - nel senso della normativa sul diritto d'autore - e quali no. Abbiamo preferito lavarcene le mani."

Così, se da un lato le nuove licenze, che in alcune loro forme permettono, oltre l'uso libero, anche mushup e remix, risultano essere di troppo complicata esplorazione (!), dall'altro un pubblico dominio evidente (in questo decennio sarebbero diventate di pubblico dominio tutte le prime registrazioni dei Beatles e degli Stones) diventa sempre più una chimera.

"Il copyright incoraggia l'innovazione" ... e la chiamano arte!

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mercoledì 14 gennaio 2009

Tre gocce di Chanel (N° 5), diamanti e bollicine


Bionde, ancora bionde.
Bionde famose, bionde chiaccherate.
Chissà cosa penserebbe uno psicanalista di una che su 4 post in croce pubblicati sul suo blog parla due volte di bionde ... non essendo mai stata bionda.
Però il mio profumo è chanel N° 5, mi piacciono i diamanti (sfido qualsiasi donna a dire il contrario, anche se non disdegno neanche i rubini) ... e adoro le bollicine!
A far ghiotta l'occasione infatti non sono stati nè le bionde, nè i profumi, nè i diamanti.
Galeotte furon le bollicine!
Essì, perchè quando leggo che "Tutti copiano le bollicine italiane" mi viene in mente Antonio che la notte di Capodanno mi dice (per l'ennesima volta): "Sarò un'incompetente, ma a me lo champagne non piace".
Queste le sue considerazioni sulle bollicine.
Le sue considerazioni che mi vengono in mente proseguendo nell'articolo, in cui si parla della bionda e nuda Paris Hilton dipinta d'oro come testimonial di RICH Prosecco, credo sia meglio censurarle.
E' per la questione del mettere il prosecco in lattina, che avete capito!

Mentre mi interrogo sul perchè mai il Giornale abbia inserito nel titolo la parola copyright mentre in realtà è di IGT (Indicazione Geografica Tipica) che si parla, cosa ben diversa, mi vengono in mente due cose.
Una è un'altra bionda famosa e chiaccherata, a cui piacevano le cose preziose e le bollicine, e le cui immagini di lei nuda hanno fatto storia, in molti sensi.
L'altra è il perchè non compro il Giornale e mi limito a leggerlo on line quando qualche keyword me lo restituisce nella SERP ... ma questa è un'altra storia!
Per cui, anche in considerazione del fatto che ho in corso un certo approfondimento sul diritto dell'immagine e sul suo sfruttamento commerciale con l'amico e collega Marco Scialdone, mi capita una volta in più di soffermarmi sulle bionde.

Perchè è noto ai più che l'immagine della bionda Marilyn sia stata pubblicata nelle più molteplici versioni, oggetto di opere importantissime a partire da Andy Warhol a finire alle fotografie di Bern Stern.
E dico finire solo perché ha non più di un paio di giorni la notizia della chiusura della diatriba sulle ultime foto nude scattate a Marilyn, sei settimane prima di morire, tra Bern Stern e altri due fotografi, Michael Weiss e Donald Penny (chiusa a favore di Bern Stern).
Ma se ne potrebbero portare mille di esempi.
Per non parlare delle innumerevoli imitazioni cabarettistiche, teatrali, cinematografiche.
Marilyn si era creata un'immagine così caretterizzata e così incisiva che era (ed è!) difficile:
non aver desiderato almeno una volta, anche per solo per vezzo (l'abito bianco che si alza sul condotto d'areazione) di emularla;
non essere riconoscibili quando si cerca di farlo.

Paris Hilton nuda come testimonial di un vino.
Marilyn nuda come testimonial (e addirrittura sull'etichetta) di un vino ... anzi due.
Eh già, perchè all'epoca (2006) il fotografo che deteneva i diritti di sfruttamento commerciale di quell'immagine di Marilyn, terminato il periodo per cui era stata concessa la licenza d'uso a quella determinata cantina, pensò bene di cedere la licenza d'uso della stessa immagine ... a un'altra cantina! La quale a sua volta la utilizzo come etichetta.
Qui si che centrava il copyright!
Meglio, qui marchi (e in particolare trade dress) e copyright si mischiavano pericolosamente.
L'agente di Marilyn aveva concesso alla prima cantina l'uso per i suoi vini del marchio registrato Marilyn Monroe. Il fotografo la licenza d'uso di quell'immagine di Marilyn.
Però, ad un certo punto, per la prima cantina si era esaurito il periodo di licenza sull'immagine che aveva usato per uno dei suoi vini, e la seconda cantina aveva acquistato licenza sulla stessa immagine e l'aveva usata per l'etichetta di un suo vino.
Ma quell'etichetta, con quell'immagine su cui la seconda azienda vinicola vantava diritto d'uso, poteva creare rischio di confusione con la prima cantina, che l'aveva usata per 20 anni, nonostante allo stato fossero (e non potessero che essere) diverse.
Bel grattacapo, che la Corte decise in favore della prima azienda vinicola, non senza destare perplessità da parte di alcuni addetti ai lavori.

Rischiamo di trovarci una bionda e nuda Paris Hilton sull'ettichetta dei prosecchi di Conegliano-Valdobbiadene?
Che almeno non ce lo mettano in lattina!!!!!

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martedì 13 gennaio 2009

Il copyright tra il telefono ... e il filo

Ovvero, quando c'era solo il copyright

C'è stato un tempo che amavo le e-mail.

Intraprendevo corrispondenze fittissime anche con chi abitava a pochi isolati da casa mia.
Mi piaceva poter alternare la mia torrenzialità alla mia capacità di essere telegrafica senza che nessuno potesse interrompermi, interrompere il filo dei miei pensieri, o impormi nell'immediato ulteriori riflessioni su quello che stavo dicendo. C'era la connessione dial up, per cui ciccia: “Mica sto sempre lì col ditino a cliccare su scarica posta, e poi di nuovo su ok quando mi chiede «questo computer sta cercando di connettersi ad internet, connettersi ora?»”
Che poi non era neanche vero. A volte cliccavo su scarica posta in modo convulsivo, nella speranza che arrivasse la sospirata risposta alla mail che avevo appena spedito … che spesso non c'era.
Così come era successo per le lettere, (quando non esistevano i contratti hello forfait o come si chiama ora, e non potevi stare le ore al telefono senza doverti poi sorbire l'incazzatura all'arrivo della bolletta telefonica ... ma anche semplicemente perché era bello scriversi le lettere), i miei “amori” passavano attraverso le mail.
Che tanto l'incazzatura all'arrivo della bolletta telefonica c'era lo stesso: si pagava a connessione!
Eh, [ma] il telefono, la voce, il suo suono, e i silenzi, che per mail e per lettera non sei tu a decidere … dovevo inventarmi qualcosa!
“Prima che tu dica pronto”!
Una volta l'avevo letto al telefono, come favola della buona notte...c'erano un sacco di cose legate a quel brano.
“Spero che tu sia rimasta accanto al telefono, che se qualcun altro ti chiama ...” Aveva un senso. Il doppio click speranzoso che cercava una risposta e “le fatiche dell'indice inchiodato alla ruota, le incertezze dell'orecchio incollato alla buia conchiglia”.
Ero molto rudimentale, molto poco attrezzata. In pratica non avevo "nulla": La mia musica, (cioè quella che a me piaceva), il libro, uno stereo, un computer, ovviamente debitamente distanti ... e la mia voce. Dovevo procurarmi un microfono con un cavo lungo, perché dovevo leggere vicino alle casse, tenendo la musica bassa bassa, altrimenti non si sentiva la voce, e il libro in mano …. e fare attenzione a girare le pagine del libro …
Però, alla fine, dopo non so quante prove, ce l'ho fatta. Ah, la musica: “three words” eseguita da Brad Mehldau.
Ce l'ho fatta e ne ho fatto un file, da inviare rigorosamente di sera, che costava meno.
E poi ci ho preso gusto, e ho iniziato sempre più a inviare pensieri di questo genere, di ogni genere. Una volta ho anche provato a leggere un libro intero (“Natura morta con custodia di Sax” di Geoff Dyer). Ma, in quel caso, visto il silenzio del destinatario, una volta finita la storia di Pres e Lady (Lester Young e Billie Holiday, cap. 1) ho lasciato perdere.
Un amico apprezzò l'idea al punto da suggerirmi di realizzare un podcast di me che leggevo.
Lo spunto mi allettava: un caro amico aveva da poco scoperto che la sua bimba era cieca, e leggere le favole per lei e per gli altri bimbi come lei …

Ma ecco che subito, con la sua mannaia, giunse LUI, a distruggere i miei sogni: il COPYRIGHT!
Antonio aveva scoperto le Creative Commons, le licenze some rights reserved che ti permettono di utilizzare liberamente le opere ad alcune condizioni, come ad esempio l'indicazione della paternità.
Ma erano diffuse ancora solo in America. Per la musica poteva andar bene, ma per i brani?
Le "invisibili vestali" di Calvino non potevano aiutarmi a combattere questa "battaglia invisibile contro una fortezza invisibile (!)": il diritto d'autore buttava giù senza neanche bisogno di soffiare il mio castello di carte (o era "dei destini incrociati"?).

Oggi, finalmente, le Creative Commons sono una realtà che prende sempre più forma e sostanza, al punto che perfino in SIAE si è costituito Gruppo di Lavoro Giuridico misto, composto da rappresentanti della SIAE e da esponenti del Gruppo di Lavoro Giuridico di Creative Commons Italia, tra cui la mia amica Deborah De Angelis, per permettere l'incontro tra la Società Autori ed Editori e coloro che hanno optato per questo genere di licenze, e che proprio la settimana scorsa si è incontrato per la prima volta.
Parlando con Simone Aliprandi, collega, eclettico autore di opere che spaziano da pubblicazioni scientifiche a musica, poesia, teatro, grafica, e che rilascia TUTTE le sue opere sotto licenza Creative Commons (e di cui sono “spontanea” fan su Facebook), non ricordo a che proposito, mi ha manifestato la sua intenzione di organizzare una lettura delle sue poesie per i non vedenti.
E il castello è tornato su ...

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sabato 10 gennaio 2009

Barbara Millicent Roberts

Ovvero: con cosa potrebbe innaugurare il suo blog una donna se non con una dedica alla bambola più conosciuta del pianeta?

In tutte le case dovrebbero esistere quelle che io chiamo "riviste gabinetto".
Non in quanto siano da considerare come carta assorbente (oddio, alcune anche sì!), ma perché stanno bene lì, ti aiutano ad ingannare il tempo.
Il non plus ultra è, ovviamente, La Settimana Enigmistica.
Ma non ci stanno male neanche il Venerdì e Donne di Repubblica.
Per noi dandy che la mattina troviamo il giornale dietro la porta di casa (per il latte di mucca appena munto non sono ancora riuscita ad organizzarmi, ma ora che il centro è diventata zona a traffico limitato il trattore dovrebbe avere meno difficoltà a passare per le strade) il sabato è un giorno meraviglioso.
Oggi, però, non ho trovato Donne.
Uff, niente oroscopo pseudopsicomusifilopoetico ... e niente lettere a Galimberti.
Velvet mi sembra faccia molto più il vezzo a quelle riviste patinate stile Vogue, che proprio non mi vanno giù (meglio un bel pettegolezzo alla Oggi!). Ma quello passa il convento, e tant'è.

Lo sfoglio svogliatamente e mi imbatto quasi subito in Lei.
Un servizio di otto pagine!
L'intramontabile semprebionda Barbie (fatte salve le edizioni multietniche della bambola più politically correct del pianeta ... !) compie 50 anni!
Sorrido pensando che proprio martedì Luisa, 5 anni, mi è venuta ad aprire la porta entusiasta stringendo in mano il suo nuovo e splendente Maggiolino rosa.
Amata e desiderata Barbie ... e odiata!
Tanto che sul fenomeno più chiaccherato del momento, il social network Facebook, qualcuno si è preso la briga di creare un gruppo dal titolo "GRUPPO PER LA SOPPRESSIONE DELLE BARBIE", con esilaranti immagini dal contenuto altamente splatter.
Chissà cosa ne pensa la Mattel!
La Mattel, che ha legato stretto stretto il suo nome a quello del marchio Barbie, al punto da giocarci gran parte della sua comunicazione sperimentale arrivando addirittura a dipingere di rosa un'intera strada di Salford, Inghilterra, nel 1997, per il Mese Rosa di Barbie (tutto tutto: case, serrande, alsfalto, cassonetti ...) ... nello stesso anno in cui gli Aqua uscivano con Barbie Girl, a far da sinonimo a "ragazza svampita"...
... e nel 2002 la Mattel perdeva contro gli Aqua (aveva agito per diffamazione, violazione di copyright e volazione di marchio) perchè la canzone veniva riconosciuta dal giudice protetta come parodia in base al primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
Ma ci sono anche i successi di Barbie, come la riassegnazione in favore della Mattel del nome di dominio barbie.it, registrato dal sig. Scognamiglio, il quale ha continuato fino all'ultimo ad affermare i suoi diritti (in quanto diminuitivo comune del nome Barbara, personaggio di cui la rivista vantava di detenere i diritti).
Sacrosanto!
Anche se nel 2006 in Canada, quasi per le stesse motivazioni (abbreviativo del nome di donna), la catena di ristorazione Barbie's Bar&Grill non ha dovuto cambiare il proprio nome: la Corte non ha riconosciuto la notorietà del marchio della bambola al punto da potersi configurare confondibilità tra lo stesso e la catena di ristorazione ... e il marchio Barbie's & Design.
E c'è la più famosa causa per violazione di copyright e segreto industriale contro le bambole Bratz, la cui produzione (e sempre maggior successo) è stata ritenuta origine del calo di vendite (!) della bambola più famosa del mondo, che la Mattel ha vinto nel luglio 2008 e che proprio far data dal geneltiaco di Barbie (marzo 2009) dovrebbero essere tolte dal commercio.

Pochi giorni fa la Befana ha reso felice Luisa regalandole il tanto ambito Maggiolino rosa.
Un quarto di secolo fa io chiedevo una Barbie come corrispettivo a una visita dal dentista (ebbene sì, faccio parte del branco!)
Mezzo secolo fa Barbie nasceva, ispirata da un'altra bambola, la tedesca Bild Lilli.

Chissà se oggi si userebbe il sostantivo ispirazione per definire la molla della nascita di Barbie ...

(foto di VerseVend)

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Quando una certa serie di condizioni si verifica, allora avvertiamo lo scatenarsi di un fenomeno

Poco più di un mese fa ho ricevuto una mail da register.it:

"Gentile Adriana Augenti,

ti inviamo questo messaggio per ricordarti di controllare l'aggiornamento dei dati associati alla registrazione del tuo dominio.

Il nostro database riporta attualmente le seguenti informazioni:

(...)"

Il fatto è, per dirla tutta, che io non sapevo di avere un dominio MIO!

Sì, era proprio mio quel dominio, ma non avevo accesso al pannello di controllo, essendo un regalo perso nella notte dei tempi.

La cosa più divertente, in tutta questa storia, è che la stessa sera, cioè a distanza di poco più di otto ore dal ricevimento della mail incriminata, io avrei dovuto tenere una lezione su Oilproject, la prima scuola gratuita di informatica on line, ed avrei dovuto tenerla su ... i nomi di dominio.

Quel dominio è ancora lì, non so cosa ne sarà di lui,

e io sono qui, perché tutti gli altri posti erano già occupati ...

... ma non ho ancora capito che parte è!

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